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Foto Franco Alessandro Priolo Priolo

Foto e testi di Franco Alessandro Priolo Priolo . Riproduzione parziale o totale vietata senza il consenso del titolare .

Ricordo n 13

Al sole dei lupi uscii quella sera dalla miniera non rendendomi conto di quanto passai li dentro ore e ore alla luce di carburo con le dita delle mani ferite da schegge di quarzo taglienti come rasoi, anche i guanti oramai inservibili inzuppati di fango e umidità come il sottoscritto la mattina ero entrato con una tutina bianca x far dispetto al Blengi è a papà che loro vestiti a stracci sovrapposti per non ferirsi contro rocce scheggiate io ero quello più sanguinante gli sguardi seri dei due parenti li sentivo anche dietro mentre camminavo a testa bassa verso l’uscita sentendo poche parole tutta arte che entra dicevano vai fuori vai al sole dei lupi, bella questa!! Sole dei lupi,Porcaccia tutto questo tempo la dentro e chissà cosa ho in questi sacchetti magari niente la voce di mio padre uscì forte dall’imboccatura dalla miniera fai un Po di caffè x favore Alex così mi chiamava papà, il fuoco solo un Po di brace ma con tutte quelle pietre attorno ben calde la caffettiera sbuffava come una vaporiera preparai le tazze di latta grezza non ricoperta un Po di zucchero recuperato dal sacchetto di carta zucchero un tempo si usava così, non erano neanche gli anni 70 e non ero ancora maggiorenne per quello mi comportavo così senza pensarci prendevo tutto come un gioco per carità anche i maggiorenni non tutti sono con la testa in spalla neanche adesso se ci penso .avevo 11 o 12 anni non di piu papà e Blengi me lo ricordavano sempre in tutte le cose in tutti momenti del giorno e anche per non fare eccezioni anche quella sera li. Blengi partigiano della brigata Garibaldi sapeva il fatto suo nel gestire certi argomenti diciamo un Po rumorosi e fabbricatore di piccoli terremoti, si aspettava bene la notte x certi fuochi d’artificio con un bel po’ di umorismo facendomi occhiolino non si fanno mica di giorno così non ti perdi il divertimento,però quella roba li bisognava asciugarla il fuoco serviva più a quello scopo avvertendo mio padre che di quella roba li non l’ha mai frequentata come il Blengi attento non farla cadere se no sai che fine fai. La luna era alta tutto si era trasformato in un argento le rocce,i cespugli,gli alberi, il torrente argentato scorreva più rumoroso, amplificato dalla notte profumo di erbe aromatiche si diffon deva tutto intorno puntini luminosi si intravedevano nel folto del bosco blengi dice che S. Pietro ha aperto la porta le anime libere vengono a trovarci.gia quelle parole mi mettevano un po di paura faceva un certo effetto nel buio del bosco puntini di luce in movimento.fatto un frugale pasto a base di pan secco un Po di marmellata e biscotti x me. iniziarono a riempire le candele fori fatti con il barramina nella roccia aurifera x farla brillare a quel tempo si usava la miccia è poi non cera altro tutta roba del Blengi di residuati bellici fatto sta che 10 minuti dopo usciti di corsa e messici al riparo io con le dita nelle orecchie un boato unattimo di luce che si diramo`Al di fuori fino all’altra sponda del ruscello, illuminando x un secondo il sottobosco un tremore come un terremoto lo sentii sotto i piedi e sulla roccia dove mi ero accucciato un forte odore di zolfo usciva da quel buco aspettammo un bel po’ a entrare crolli e polveri sottili mortali, prendemmo le gorbe dalla groppa del mulo solo loro entrarono dentro aspetta i un po non so quanto forse 2 minuti o forse un ora x quel apprensione ad aspettare, ricordo che pa` uscì x primo con la schiena ricurva in avanti e con un sorriso da un orecchio all’altro subito seguito da Blengi anche lui sorridente quasi a 4 zampe come il suo mulo e io felice di rivederli,rovesciammo tutto nella riva del ruscello lavando bene quelle rocce che anche al sole dei lupi bastò nel vedere il giallo in masserelle ,filiformi.In questi anni ogni tanto vado e entro li e porto fuori ancora pezzi e terra ricca del metallo giallo .

Ricordo 14

A quel tempo negli anni 60 non avevo ancora 10 anni ma sapevo già intrecciare i rami di salice selvatico quelli che nascono in riva ai corsi d’acqua ogni torrente li ha, facevo cestini e corbe una volta si usava specialmente in case di campagna o vicino a boschi si usavano per i funghi o per la raccolta delle castagne o per le foglie del bosco per accendere il caminetto o la stufa a legna questi sono ricordi che ho e con il passare dei miei anni sono in me più vivi più limpidi come se vedessi mio padre ora a spaccare la legna sul ceppo o a ritorno dal bosco con il cesto pieno di funghi mi sembra anche adesso di vederlo sentire la sua voce chiamandomi alex adesso levo il mandilon “sarebbe un fazzoletto piu grosso del solito con disegni a quadri color grigio azzurro che si usava un tempo forse i vostri genitori se lo ricordano” bene alzava e mandilu tutti quei bei Morecci attorniati da galetti o galette quelli gialloarancio così buoni con il riso mi viene lacquolina anche adesso, tanto che pa’ e Blengi li preferivano di gran lunga ai porcini. Ricordo il Blengi che trasformò una di queste corbe adattandola al sottoscritto mi ci infilavano dentro prendendomi sotto le ascelle e per un attimo alzandomi con le loro braccia allungate sopra le loro teste chissà quanti di voi lo avrete fatto ai vostri bambini ,come a far vedere a tutti i presenti il mio essere li che hanno un ragazzino un figlio un nipote,per poi aggiustarmi per benino dentro la corba a mo di zaino con le gambe che uscivano da essa modificata a seggiola ben imbottita .Si camminava a lungo per sentieri appena percepiti allora non cera molto interesse come oggi è non erano segnalati si camminava su rocce e pietraie sotto il bosco o a cielo aperto sotto il sole avevo il cappellino di paglia tipo Panama, Ecuador, ogni tanto si fermavano un po per riposare perché non ero solo io il carico ma tutta l’attrezzatura da oro come pico e baghi tappeti di iuta sovrapposta le canale erano già sul sito , stracci per ricoprire i vestiti se avessero deciso di entrare in qualche buco in verticale o in pozzi orrizontali corde e a quel tempo non cerano quelle di adesso erano di canapa intrecciata da barche a vela che quando si bagnano raddoppiano il loro peso anche se cerate a volte buone per torce, poi bisognava di alimenti per loro ma sopratutto per me a volte papà buttava un sasso sopra l’altro nel torrente così facendo si procurava il pranzo ” ritornava tutto sorridente con quei poveri pesci infilati dalle branchie con salici fatti a v che un ramo usciva dalla loro bocca, “adesso non fatelo è vietato” pesci come una volta non ci sono piu .La giornata cominciava così preparavano la canala con setaccio all’inizio ,con tappeti fatti con pelli di pecora ,capra ma senza lana solo rasate, poi sopra si usava sacchi di iuta sovrapposta dopo all’ultimo tratto cerano 7 listelli profondi 4 cm larghi 3 distanziati di cm5 , poi giu a badilate o a sacchi dalla cava o miniera,lavoravano cosi a volte pa o Blengi prendevano una pepita dai tappeti e con un sorriso da orecchia a orecchia me la mostravano poi dentro al sacchetto di pelle. Lavoravano cosi anche loro allievi di nonni e padri che indietro nel tempo cercavano il metallo giallo non per hobbisti come adesso ma per lavoro arrotondare per il pane. Ricordi d’un tempo passato che forse non tornano piu.