• Archivio
  • > la Repubblica.it
  • > 1993
  • > 08
  • > 20
  • ‘ L’ ITALIA E’ IL PAESE DELL’ ORO’

    TORINO – “L’ Italia è piena d’ oro: basta andarselo a cercare”. Lo dice Pablo Schwarz, che di queste cose se ne intende. Primo perché è il presidente nazionale della Federazione cercatori, secondo perché è il possessore della più grande pepita ritrovata negli ultimi cent’ anni, terzo perché fino a due giorni fa era il campione mondiale dei “garimpeiros”. La coppa del mondo, Schwarz, se l’ è fatta soffiare da un altro italiano, uno del suo team: un tecnico di Verbania esperto in elicotteri. Ha 45 anni, si chiama Aleandro Salina: ha vinto qualche giorno fa a Tam Kavaara, in Lapponia, scavando in un secchio che conteneva venti chili di sabbia per trovare otto pagliuzze microscopiche. Le ha trovate. In tre minuti e venti. Il “figlio del vento” dei filoni auriferi. “L’ Italia è piena d’ oro”, insiste Giuseppe Pipino, uno dei principali esperti mondiali. E così, nel ‘ 97, il campionato mondiale si terrà in Piemonte. Ma dove bisogna andarselo a cercare? Le zone più ricche sono tutte al Nord: il fiume Po, il Ticino, la Dora Baltea e la Dora Riparia. I torrenti Orco, Sangone, Malone e Stura di Lanzo, nella zona di Torino. L’ Orba in provincia di Alessandria, il Cervo a Vercelli, l’ Aurina vicino al confine svizzero. Non è un caso che il nome dei corsi d’ acqua più ricchi abbiano il prefisso “or” o “aur”. E poi c’ è Bessa, che sta dalle parti di Biella e che per i cercatori italiani è un mito al pari del Klondike: “è la più grande miniera a cielo aperto del mondo”, assicura Schwarz. Tracce d’ oro sono state trovate anche in Toscana, nel Fiora, dove l’ Agip petroli ha scoperto oro idrotermale. In Sicilia e soprattutto in Sardegna, dove i cercatori hanno estratto l’ electra, una miscela d’ oro e d’ argento. Se stupisce che in Italia ci siano “garimpeiros”, figuriamoci la sorpresa quando la Federazione fa un bilancio della nuova febbre dell’ oro. Gli associati – “ci sono professoroni di storia, operai, casalinghe, fisici nucleari” dice Schwarz – sono 500, girano con la tessera della Federazione in tasca e fanno pellegrinaggi nel Klondike, in Costa Rica, in Amazzonia e in Bolivia. E poi ci sono i free-lance, che alla domenica caricano la macchina di setacci, “canaline”, pale, mogli e figli e vanno a scavare nel torrente più vicino. E anche loro, quando capita, fanno pellegrinaggi, ma senza troppe pretese: al Museo storico dell’ oro di Predosa, vicino a Alessandria. Cercando l’ oro non ci si arricchisce. O almeno, non di frequente. “E’ soltanto un hobby – sostiene Schwarz – c’ è gente che ha avuto fortuna e che ha fatto un po’ di quattrini, ma è stato il caso”. E il caso ha voluto che lui, gestore di un bar a Giaveno, in provincia di Torino, trovasse la pepita più grande di tutte quelle scoperte negli ultimi cent’ anni. Gli è capitata tra le mani durante una ricerca in Inghilterra: “Gli inglesi sono rimasti a bocca aperta – racconta – l’ hanno battezzata con il nome del fiume in cui stavo scavando quando è venuta alla luce: Schuillghild nugged”. E ora Schuillghild se ne sta in una bacheca, come la “numero uno” di Paperone. “Mi hanno offerto settemila sterline. Ho detto di no. Mi si sarebbe spezzato il cuore”, giura Pablo Schwarz, che per spiegare perché porti un cognome tedesco e un nome spagnolo racconta di essere figlio di un’ italiana e di un tedesco, e di aver vissuto in Argentina. “Mia madre faceva la pittrice. Mio padre il matematico ed era esperto in meteorologia: era il Bernacca argentino, per capirsi. Io, comunque, sono italiano”. Schwarz ha iniziato a cercare oro a 7 anni, tra i piccoli buscadores de oro. “Ero sempre il più scarso di tutti: loro lo facevano per mangiare, io per divertirmi”. E ora? Ora, invece, il presidente dei cercatori d’ oro è il campione italiano, gestisce il Caffè Commercio, che è anche lo sponsor delle sue ricerche – specialità fette di torta alla crema e all’ amaretto che sembrano lingotti – e insegna i segreti del cercatore d’ oro sulle pagine di Topolino. “E’ tutta questione di fortuna – sostiene – l’ importante non è tanto la quantità di oro trovato ma la peculiarità del pezzo. Una pepita italiana va all’ asta, gli amatori potrebbero contendersela coi denti perché nelle collezioni degli intenditori l’ oro nativo o alluvionale non ha più prezzo. Così, vale di più una pepita da cinque grammi di un chilo d’ oro”. La fortuna deve aver baciato in fronte Schwarz, che in alcuni anni di ricerche, di oro, ne ha trovato “alcuni chili”. Intanto la Federazione è già in agitazione per organizzare il Mondiale del ‘ 97 e per scegliere la località senza scatenare guerre fratricide tra le zone candidate: Giaveno, Biellese, Alessandria e la Valle del Ticino. Un po’ come avviene per i mondiali di calcio o di atletica. Con la differenza che il campionato dei cercatori d’ oro si terrà senza sovvenzioni statali e gli organizzatori non sanno bene dove andare a trovare i 2.500 dollari da mettere in palio.

    di BARBARA FRANDINO